Bruno Barbieri, lo chef genuino che sa ancora sognare
Quando arriviamo al suo studio
in pieno centro a Reggio, lui scende al portone ad accoglierci, nonostante la
presenza dell’assistente che potrebbe farlo al posto suo. E si presenta, con
tutta la naturalezza del mondo, come fosse un perfetto sconosciuto: «Piacere,
Bruno Barbieri».
Per comprenderne lo spirito,
non ci sarebbe bisogno di aspettare nemmeno la lunga chiacchierata, che avrebbe
confermato la prima impressione di lui: semplice, diretto, genuino, amante
delle piccole cose, curioso delle persone, incantato da tutto ciò che è
considera “bello”.

Anche la scelta di uno studio
che si affaccia su una piazza non è casuale: «Scendo le scale e ho un fornaio,
una libreria… è importante poter tornare in piazza e raccontare delle storie.
Un tempo questo era un luogo d’incontro. Anche adesso abbiamo la necessità di
respirare quest’aria, ma con un maggiore senso di protezione e di tranquillità
che ad oggi non possediamo più. Per tornare ad essere creativi i cittadini
devono essere messi in condizione di vivere bene e in sicurezza la propria
città».
Che Barbieri vive intensamente
in prima persona, non è casuale vederlo in un negozio a fare la spesa o in giro
in centro in bicicletta: «Il mio frigo è pieno di verdure, ottimi salumi
reggiani e in dispensa non mancano pasta, un eccellente evo e Parmigiano
Reggiano. La spesa la faccio spesso, purtroppo vedo che oggi manca il tempo, si
tende a fare la grande spesa settimanale e di conseguenza il frigo diventa un
cimitero gastronomico». Ma ci sono alcune regole contro lo spreco: «Andare
spesso a fare la spesa, andarci a stomaco pieno e con l’elenco scritto di ciò
che serve, comprare poco, bene e con la testa, e, non ultimo, seguire la
stagionalità. Valorizziamo anche i negozi artigiani, avremo solo vantaggi nel mantenere
un rapporto col nostro macellaio o fruttivendolo di fiducia, perché loro sanno
quello che vuoi e magari te lo tengono pure da parte».
Su questo anche Masterchef
insegna. «Quello che viene cucinato – spiega lo chef pluristellato – viene in
parte consumato nella mensa interna e in parte donato ad associazioni come la
Caritas. Sono tante le ricette che rendono il piatto migliore il giorno dopo:
dalle tagliatelle al ragù ripassate alla frittata nella pasta, al bollito che diventa
polpetta».
Il background di Barbieri
poggia le fondamenta nella genuinità dei saperi antichi: «Come racconto anche
nel mio libro “Via Emilia via da casa” – riferisce – mia nonna mi ha dato un
bagaglio incredibile, insegnandomi l’importanza di conservare e condividere le
tradizioni e le conoscenze, di saper osservare i gesti altrui, di seguire la
stagionalità e tanto altro. Perché i fiori di zucca si raccolgono alla sera con
la rugiada, come curare con elisir, cibi e infusi, perché il basilico non è
solo verde ma anche rosso? Tutto questo sapere e la curiosità vengono da lei».
Com’è il cuoco di oggi? «Non è
più chiuso nei meandri della cucina, deve viaggiare per il mondo, vedere la
tostatura del caffè in Brasile, la fantasia della cucina libanese, frequentare
fiere, tenere lezioni, scrivere, fare tv, raccontare storie vere. Come facciamo
a Masterchef, dove pure raccontiamo storie vere. Perché la cucina è storia,
vita, filosofia. Se un pittore del ‘600 dipingeva un quadro, sapeva che sarebbe
rimasto: un cuoco crea un piatto e deve lasciarti un’emozione per quel momento.
Vale a dire: dentro al piatto deve esserci la tua anima».
Chi è oggi Bruno Barbieri?
Risponde: «Oggi sono felice e sto bene. Vorrei continuare ad essere un punto di
riferimento per i giovani, per far capire loro che dietro al successo c’è
impegno, studio, sacrificio. Gli chef sono visti oggi come star, ma non tutto è
rose e fiori: dietro ci sono anni di sacrificio, dimentichi delle vacanze,
tanta ricerca, una vita spesso lontano da casa, ore e ore di lavoro. Quando poi
i giovani cuochi entrano dentro certi meccanismi, accade che crollino. Se
capiscono questo prima saranno più preparati. Anche a Masterchef non siamo
cattivi, ma essere severi è fondamentale per far capire agli aspiranti cuochi
che non è una fiction, siamo alla ricerca di persone che hanno voglia di mettersi
in discussione».
E mentre ci racconta della
novità di quest’anno della trasmissione («l’entrata di una donna chef con uno
splendido carma, carismatica, venuta a mettere pepe in mezzo a un gruppo di
maschiacci»), gli chiediamo come vede il suo futuro: «Roseo, spero. Stare bene
e vivere il più a lungo possibile. Spero di far crescere altri giovani. Ho in
cantiere l’apertura di un nuovo Fourghetti a Miami e sto lavorando a nuovi
progetti a Dubai per il nuovo Expo».
E nel privato? «La famiglia è
sacrosanta. Prima o poi me la farò sicuramente anche io. Un figlio? Sì, magari
anche 3 o 4. La famiglia che ho avuto alle spalle mi ha trasmesso grandi
valori, mi ha aiutato, ha creduto in me. Poco tempo fa mi ha lasciato mio
padre. Era orgoglioso di me. E credo che anche adesso mi stia “pensando un po’”».
E l’intervista si chiude con un
sorriso. Genuino. Semplice. Diretto.
In: La Voce di Reggio, 18 giugno 2017
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