Io ti do, tu mi dai. E tutte insieme risparmiamo
"Yes, we swap". In questi tempi di crisi c'è chi torna agli antichi valori e all'usanza del baratto. Ma, si badi, non un baratto qualsiasi. Perchè oggetto dello scambio sono abiti di moda, indossati un paio di volte, con valore minimo di 50 euro.
La tendenza viene dagli States, dove le fashion victims, a corto di liquidi, hanno cambiato semplicemente il modo di fare shopping. Come? Abbattendo i costi senza rinunciare allo stile. E non solo. Cogliendo l'occasione per fare beneficenza in modo serio e divertente. E' così che la moda dello "swap", che in inglese significa appunto "barattare", è dilagata in America, per sbarcare anche qui da noi.
A portarcela qui, Tamara Nocco (in foto, al centro, con le sue collaboratrici), trend-setter che nel 2007 ha organizzato nel suo negozio di Bologna uno swap corner dove le clienti potevano scambiarsi gratuitamente vestiti e accessori. Il passo è stato breve. Insieme a Francesca Caprioli, fondatrice di Green-Think, Tamara ha fondato lo Swap Club (www.swapclub.it) e ha organizzato il primo

Il motto che anima la pratica dello swap, "belle e chic ma tolleranza zero per gli sprechi" ha fatto sì che venissero coinvolti nell'evento anche Sosushi, il brand food di cucina giapponese che usa materiali a basso impatto ambientale, e di Last Minute Market, il progetto del prof. Andrea Segrè volto al recupero delle merci invendute dei supermercati (vedi Espansione giugno 2008). I capi di moda che non sono stati scambiati allo swap party sono andati infatti alla Casa delle donne di Bologna.
E' un caso che proprio in questi tempi di crisi si tenda ad una nuova visione dei consumi, ad una ricerca della qualità della vita attraverso esperienze comuni come quella dello scambio, ad una beneficenza fatta in modo originale? A Parigi è stato appena inaugurato un concept store fondato sul principio della valorizzazione del dono. Nel cuore dell’Haute Marais, "Merci", su tre piani di chincaglieria chic e design d’avanguardia, destina il ricavato di abiti firmati, cianfrusaglie, beni di lusso generosamente donati, capi griffati, bouquet di fiori e materiali di recupero ai bambini del Madagascar.
Anche in Italia questa nuova filosofia di vita e di consumo sta trovando diversi adepti. Ma chi sono le fashion victims che si sono lasciate piacevolmente travolgere dalla moda dello scambio eco-chic a scopo benefico?

Laura Gobbi, 37 anni, di Alessandria, dopo gli studi di giurisprudenza e sociologia a Urbino, ha lavorato a Milano e New York, dove si occupava di beni di lusso high profile. Oggi è product manager in un'azienda di lingerie di alta moda a Ischia. "Ho partecipato al mio primo swap party a New York. Qui, dove frequentavo i salotti più glamour della città, la mia vita era come quella di Anne Hathaway in "Il diavolo veste Prada": dorata e lussuosa. La mia giornata tipo? Sveglia, qualche commissione, poi in aereo a Mar-A-Lago, a colazione nella residenza di Donald Trump. Paradossalmente, quando sono tornata in Italia, ero felice di salire sulla mia bici arrugginita e di salutare ogni mattina il fornaio sotto casa. A Bologna ho conosciuto Tamara e ho saputo del suo swap. Così, ho pensato, un po' dell'America che amavo era arrivata in Italia. E mi sono precipitata. Ricordo che allo swap party di New York mi ero accaparrata due paia di scarpe di Caovilla e uno di Prada. Non potevo permettermi di più: negli States il binomio magrezza-successo-ricchezza faceva sì che non ci fossero taglie sotto la 40 da poter barattare".
E' un'amante dello shopping anche Giulia Berti, 26 anni, bolognese, laureata in giurisprudenza, che lavora in una società di comunicazione. "Durante il mio Erasmus a Siviglia e un periodo a Londra, dove lavoravo per una stilista spagnola, mi sono specializzata in tema di acquisti e di moda. Ora vorrei trasferirmi a Parigi, per imparare ancora di più. Solitamente giro per mercatini e grandi catene low cost: magari alla fine del mese spendo il corrispettivo di un solo abito di Gucci, però così possiedo più capi da indossare. Perchè faccio shopping? Per sopperire alle attuali carenze affettive. Devo ammettere che è un ottimo palliativo".

Giorgia Guastadini, 31 anni, di Bologna, occupata in una società finanziaria, non aveva mai partecipato ad uno swap party prima d'oggi. "Ho notato che diversi capi ammessi allo scambio avrebbero potuto essere migliori. Probabilmente è nella mentalità italiana essere molto attaccati alle proprie cose, anche per motivi affettivi. Capisco sia difficile disfarsi di capi parcheggiati nel proprio armadio anche da tempo. Io non ho mai scartato un abito per scambiarlo con un altro. Piuttosto, lo vendo o lo regalo a chi può averne bisogno".
C'è anche chi, come, Alice Filippi, 27 anni, lo swap lo faceva già home made, con la madre o le coinquiline. Piemontese, Alice è assistente-aiuto alla regia per il cinema. "Ho iniziato come stagista nel film "Il mio miglior nemico", di Carlo Verdone, con cui ancora collaboro. A 16 anni ho preso il brevetto da paracadutista e oggi sto prendendo quello da pilota. Sono passioni ereditate da mio nonno, pilota prima militare e poi civile. La passione per la moda, invece, è innata. Quando frequentavo il quarto anno superiore negli Stati Uniti ho sperimentato lo swap con le figlie della famiglia presso cui ero ospite. Trascorrevamo serate a indossare e scambiare abiti e accessori: era quasi più divertente che partecipare alla festa qualche ora dopo".
Anche nel mondo dello stilismo la nuova arte del recupero si è già diffusa. Cinque anni fa, Mauro Burani, dopo 40 anni come consulente di moda e stilista, ha aperto un atelier di pezzi unici: dai tessuti all'arredamento, all'oggettistica. "Scelgo il materiale nei mercatini di tutta Europa e lo trasformo. Nel mio atelier, che ho chiamato Neverland, perchè con esso voglio trasmettere segnali ottimistici, pieni di poesia e di amore (www.neverlandstore.it), troverete coperte vintage, mobili graffiati, lenzuola dipinte. I miei clienti sono persone agiate, che però cercano qualcosa di nuovo: antichi valori che uniscano le persone. Forse questa crisi qualcosa di buono sta portando: una nuova visione del consumo e un nuovo percorso della qualità della vita". (Foto da: http://www.swapclub.it/)
Alessandra Ferretti
In: Espansione n. 12 dicembre 2009
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