Aspettando Quo Vadis ...

Oggi pomeriggio si terrà l'incontro annuale organizzato da Confindustria Ceramica e Ceramicolor, "Quo vadis?….2015", alle ore 14.15 presso la Sala Conferenze Confindustria Ceramica, Viale Monte Santo, 40 – Sassuolo (MO).

Interverranno:

Domenico Guzzini, Presidente della Fratelli Guzzini, azienda leader nella produzione di complementi d'arredo ad elevato contenuto estetico, che parlerà di "Design, innovazione e Made in Italy, leve strategiche di successo per lo sviluppo".

Enrico Bracalente – Amministratore Unico della griffe BAG Nero Giardini, sul tema "Comunicare il valore del Made in Italy"

Paolo Boffi – Presidente dell'omonima azienda leader nella produzione di bagni e cucine – in merito al "Valore aggiunto del design in cucina"

Alberto Piantoni - Amministratore Delegato di Bialetti Industrie, la nota azienda dell'"omino coi baffi" – relazionerà su "Industria 2015: un'opportunità impedibile per il paese e per il sistema delle imprese"

Francesca Matteucci – national communication director di Unilever Italia, multinazionale anglo-olandese per i beni di largo consumo – parlerà della "Evoluzione della comunicazione pubblicitaria: Dove per la bellezza autentica".



Di seguito il reportage dell'ultimo incontro (30 novembre 2006).

"Quo vadis? Dove vanno le aziende che vincono” – Trend di mercato e strategie d’impresa era il titolo del convegno organizzato il 30 novembre da Assopiastrelle e Ceramicolor e dedicato alle strategie d’impresa e alle nuove tendenze del mercato. Obiettivo dell’incontro, come hanno spiegato nella loro introduzione Alfonso Panzani, Presidente di Assopiastrelle, e Daniele Bandiera, Presidente di Ceramicolor, alla presenza del sindaco di Sassuolo, Graziano Pattuzzi, era quello “di riflettere sulla conoscenza dei trend e dei mercati, sulla capacità delle imprese di costruire una visione strategica del proprio settore e sui significati del distretto, in un’economia in cui nascono ogni giorno concorrenti nuovi”.
Punto di partenza necessario per queste riflessioni era la stesura di una mappa dei principali macrotrend della società di oggi. Ci ha pensato il professor Giampaolo Fabris, presidente del Corso in Scienze della Comunicazione dell’Università San Raffaele di Milano. “La mappa socioculturale”, ha spiegato, “è uno degli strumenti principali di lettura delle società. Nel caso di oggi non si tratta di un momento di accelerazione della società vecchia, ma della nascita di una società completamente nuova. A cosa serve studiare i nuovi macrotrend collettivi? A comprendere il mercato”.
Il trend demografico mostra come la società di oggi sia popolata da un numero sempre maggiore di single, come i nuovi anziani possano aspirare a vivere più a lungo e come il numero di figli si sia ridotto ad uno per famiglia. La fusione di razze diverse ha reso la società un’“insalatiera”, in cui ciascuno rivendica la propria individualità.
L’eclissi delle ideologie ha lasciato spazio ad un bisogno di spiritualità di cui il singolo è costantemente alla ricerca. La società nuova è preda di paure e incertezze generalizzate. La caratterizza una tendenza all’esploratività, che si manifesta attraverso diversi canali, come l’utilizzo generalizzato della rete telematica. La ripresa di certi stili, dalla moda all’arredamento, riconducibili a epoche storiche più o meno recenti, rendono quella di oggi una collettività che ha fatto dell’eclettismo una delle proprie chiavi di lettura. Legata in parte a questo atteggiamento è l’operazione di recupero selettivo del passato.
Se la società vecchia si basava sulla razionalità, quella nuova dedica ampio spazio alle emozioni, assumendo caratteri “femminili”. Ancora, emerge una crescente centralità del piacere nel sistema di bisogni, attese e comportamenti (edonismo) e assumono forte valenza l’estetica e l’egodirezione. Elemento di riferimento per operare scelte di qualsiasi tipo è diventata l’esperienza. Senza dimenticare un atteggiamento di empatia riscontrabile, ad esempio, tra le aziende, che vendono prodotti, e i singoli, che acquistano marche.
“Le aziende che riescono a comprendere, intercettare e gestire il nuovo che emerge”, ha concluso Fabris, “quelle sono aziende vincenti”.
Dove vanno, dunque, le aziende che vincono? Per rispondere a questa domanda, sono intervenute cinque imprese di successo made in Italy.

La prima è stata Mapei, presentata dall’amministratore unico Giorgio Squinzi. Mapei, con sede a Milano, è leader nei prodotti per la posa di pavimenti e rivestimenti murali, vanta un indotto di 5.000 dipendenti e un giro d’affari che nel 2006 si prevede sarà di 1,5 miliardi di euro.
“Specializzazione, internazionalizzazione e Ricerca & Sviluppo sono i principi imprenditoriali dell’azienda fondata da mio padre nel 1937”, spiega Squinzi. “Ci siamo specializzati su nove linee di prodotto. Per la crescita del Gruppo è stata fondamentale l’apertura continua di nuove sedi e stabilimenti nei cinque continenti: alla fine del 2005 contavamo 44 consociate con 7 centri di Ricerca e Sviluppo, 46 impianti produttivi, ciascuno con un laboratorio di controllo. Alla ricerca dedichiamo gli sforzi maggiori, l’investimento è pari al 5% del fatturato”.
“La nostra è una vision di crescita, che deve restare sana ed equilibrata. Nel 2010 puntiamo a raggiungere i 2 miliardi di euro di fatturato. Per noi “finanza” significa far crescere l’azienda: acquisire quote di mercato sempre maggiori, sviluppare nuovi mercati e continuare con le strategie consolidate. E’ nostro obiettivo massimizzare non solo i profitti, ma anche la crescita e l’efficienza. Per fare questo, osserviamo attentamente il mercato”.
Mapei, conclude Squinzi, “è un global-player gestito come azienda familiare, che fa propri un approccio a medio-lungo termine, l’ambizione della crescita, gli investimenti nella ricerca, che fino ad oggi ha creato sinergie e che ha avuto un aiuto straordinario dall’essere parte di un distretto”.

Quindi è stata la volta di Caimi Brevetti, un’azienda che, come spiega il nome, ha fatto della sperimentazione la propria filosofia. Fondata nel 1949, Caimi Brevetti, con sede a Milano, presente in 60 Paesi, è una delle principali realtà produttive europee design-oriented nel settore dell’arredamento e dei complementi d’arredo per l’ufficio e il contract. “Le leve strategiche per il nostro sviluppo”, illustra l’amministratore delegato, Lorenzo Caimi, “sono il design e l’innovazione. Oltre ciò, il dinamismo aziendale, l’educazione, l’attenzione alle normative e gli investimenti in Ricerca & Sviluppo”.
Ripercorrendo la storia dell’impresa, fondata dal padre e a cui oggi partecipano tutti e quattro i fratelli, Caimi racconta come dopo l’11 settembre 2001 l’azienda abbia risentito delle conseguenze della drammatica caduta del settore. “Di fronte all’emergenza abbiamo scommesso su due leve: il design e l’innovazione di processo e di prodotto. Abbiamo creato un catalogo assai diversificato, allo scopo di presentare al consumatore complementi d’arredo veramente personalizzati. E’ così che ci siamo risollevati. Oggi Caimi Brevetti fa anche scuola: è partecipante fondatore della Fondazione ADI – Fondazione dell’Associazione per il Disegno Industriale”.

A seguire, il “perché una commodity deve diventare una marca” lo ha spiegato Ernesto Illy, presidente onorario di Illycaffè, azienda nata nel 1933 con sede a Trieste. La capogruppo controlla dieci società nel mondo, dedicate alla distribuzione sui mercati internazionali. In tutto conta più di 600 dipendenti. L’azienda ha registrato nel 2005 un giro d’affari di 227 milioni di euro (+8% rispetto al 2004) e per la prima volta le vendite all’estero hanno superato quelle in Italia.
“Ci siamo chiesti: entriamo nella concorrenza dei prezzi oppure andiamo avanti nell’innovazione? Ci siamo risposti: se caliamo il prezzo, ci sarà sempre qualcuno che vende a prezzo più basso. Guardare ai prezzi distrugge la creatività; dobbiamo utilizzare gli elementi tipici del nostro Paese: a cominciare dal gusto italiano”.
E conclude: “Se decidete di diventare una marca, usate i geni che avete dentro e che fanno la differenza tra voi e gli altri. Salvaguardate il nome, prima di tutto”.

Dal caffè alla moda: Giovanni Burani, amministratore delegato di Mariella Burani Fashion Group, ha portato l’esempio dell’azienda in termini di “creazione di valore attraverso processi di aggregazione”. “Il Gruppo”, ha spiegato, “è cresciuto attraverso le acquisizioni. La nostra strategia è stata quella di aggregare realtà medio-piccole in modo da creare valore, rendendo possibile la loro crescita nei mercati esteri, soprattutto quelli emergenti”.
Con una previsione di fatturato di 600 milioni di euro nel 2006 e una quota export del 70%, dopo l’abbigliamento e la pelletteria, il Gruppo vorrebbe sfruttare le proprie strategie di crescita anche nel settore della gioielleria, replicando ciò che già ha realizzato con successo acquisendo Antichi Pellettieri.
Il futuro dunque? Risponde Burani: “L’ulteriore espansione del trend del gruppo, facendo divenire ciascun brand il leader nel proprio mercato di riferimento”.

Ha concluso la carrellata delle aziende eccellenti Marcello Binda, di CEO Gruppo Binda. Nato cento anni fa, il marchio Binda è anche quello che ha dato i natali alla Breil, marca lanciata nel 1935 e rilanciata con successo nel 1994, grazie alla nota campagna pubblicitaria con il claim “Toglietemi tutto ma non il mio Breil”. Da allora Breil è diventata, da prodotto italiano, una marca lifestyle per il mercato globale.
Spiega Binda: “Il nostro obiettivo era dare nuovo slancio all’azienda Binda e affermare Breil sul target 18/30 anni. Come abbiamo fatto? Attraverso driver competitivi: sensibilità del marketing e dell’advertising, senso del mercato, sensibilità strategica. Abbiamo puntato sulla comunicazione e sul glamour. Come risultato, Breil è diventato un simbolo. Oggi i nostri obiettivi sono diventare sempre più un marchio globale di lifestyle e rappresentanti di un vero e proprio stile nel mondo giovanile. Non ultimo, ci poniamo l’obiettivo di raggiungere l’export del 65% fuori dall’Italia entro il 2012. Avere come obiettivo la globalizzazione significa aprire filiali, flagship store in Paesi dove non siamo conosciuti, diversificare il prodotto, innovazione replicabile (ad esempio lo snake o l’acciaio caldo), selezione e gestione delle nuove risorse, collaborazione con centri di ricerca di alto livello. Ma resteranno tali i principi che ci hanno guidato da un secolo a questa parte: avere passione e riuscire ad appassionare”.

Il convegno è stato chiuso dal professor Marco Fortis, vice presidente della Fondazione Edison e docente di Economia all’Università Cattolica: “Se L’Italia va bene è perché è costituita da tante realtà. Nel 2002 le imprese manifatturiere nel nostro Paese erano 549.000, a fronte delle 248.000 della Francia, delle 196.000 della Germania, delle 55.000 della Svezia e delle 46.000 dell’Olanda.
Ciò a cui dobbiamo prestare attenzione oggi è la Cina, soprattutto dal punto di vista del rispetto delle regole. L’Italia è prima nel mondo per i vini e l’alimentazione mediterranea Senza dimenticare la moda e l’arredo casa: in questi settori siamo rimasti, oserei dire, i soli che possono tener testa al gigante cinese.
Per concludere in bellezza questa giornata di celebrazione delle eccellenze made in Italy: continuiamo a puntare sulla voglia di intraprendere e sulla creatività italiana. E andremo lontano”.


Alessandra Ferretti


In: CER. Il Giornale dell'Assopistrelle, dicembre 2006

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